L'ELBA COME PATRIA

 

L'ELBA COME PATRIA
CAPOLIVERI COME CIMA DI LIBERTA'


"Non è mica un'isola, l'isola d'Elba. Anch'io ho creduto per tanto tempo che lo fosse, e che l'insularità fosse il suo fascino, la certezza di poter lasciare ogni sera dieci chilometri di mare fra sé e il mondo. Noi elbani lo chiamavamo lo scoglio, a sottolineare questa condizione apparente. Ora che… ci torno più spesso, mi sono accorto che la mia terra non è un'isola, è una patria…". Sono parole, queste, dettate dal profondo sentire del compianto grande giornalista e scrittore Gaspare Barbiellini Amidei ("Carovana di carta", Rizzoli, 1978), che ben evocano il rapporto "forte" che lega gli elbani in giro per l'Italia o per il mondo alla loro amata terra natia. Fra gli otto comuni elbani, Capoliveri (Caput liberum: cima di libertà), il caro e simpatico villaggio che appare vestito d'azzurro, è il mio paese, il luogo dove ho vissuto la prima parte della mia vita, quella che considero la più formativa per i valori insegnati dalla famiglia (insieme alla parte professionale, per i valori e i metodi di lavoro trasmessi dalla grande Istituzione in cui presto la mia opera), dove torno ogni anno per trascorrere le mie vacanze di mare e di sole e dove approdo di tanto in tanto, appena libero da impegni professionali, anche d'inverno per ritrovare i luoghi, le persone e i profumi della mia terra di origine. Ha scritto Bartolommeo Sestini, cittadino e farmacista di Capoliveri dagli anni dieci agli anni sessanta del secolo scorso: "Il paese degli uomini liberi, ribelle anche ai voleri di Napoleone, guarda forse i più sorprendenti panorami dell'Elba… Nel perimetro del suo vasto territorio vi sono piani ubertosi, monti selvaggi ed aspri, che pure potrebbero ammantarsi di boschi benefici, e marine stupende… ben note a chi vuol ritemprare lo spirito nei casti colloqui con la natura non contraffatta da una male intesa civiltà" (Corriere Elbano, 1948, n. 42). Voglio richiamare di seguito alcuni di quei luoghi stupendi: da Capo di Fonza al Golfo di Lacona, da Capo Stella al Lido di Capoliveri con le belle spiagge di sabbia di Laconella, Margidore, Norsi; e ancora spiagge, cale e calette: Calanchiole, Zuccale, Barabarca, Madonna delle Grazie (con l'omologo storico Santuario), Pareti, Innamorata (avvolta nella sua leggenda, narrata anche dal Sestini, in "Uomini, cose ed avvenimenti dell'isola d'Elba", Tip. Elbana, 1931). E poi, a partire da Punta Calamita, l'area ex mineraria, luogo un tempo di duro, intenso lavoro, terra maestosa, ripida e scoscesa che degrada verso il mare incontrando spiagge e paesaggi simili a com'erano secoli or sono. Apro una parentesi: considero molto istruttiva per me e per la mia famiglia, e quindi la raccomando ai giovani e alle loro famiglie, la visita guidata effettuata alla ben conservata vecchia miniera da cui venivano estratti minerali contenenti ferro; ciò per conoscere e tramandare la memoria degli ambienti e delle condizioni in cui lavoravano quotidianamente centinaia di minatori fino ad alcuni decenni or sono ("Acerbo è l'uomo della mina come un frutto della montagna: la barba incolta, sudato il dorso, torvi i capegli; ma l'anima brilla negli occhi come l'estasi nell'ascesa e la fatica scavata nelle sue guance richiama secoli di potenza degli evi della sua stirpe affannata.", da "Schitarrate all'Elba", Tip. Popolare, 1956). Infine, la parte più incontaminata del territorio di Capoliveri, che prende le mosse dalle Ripalte con la Costa dei Gabbiani ("Qui la pernice col rapido volo sfreccia e la lepre guizza..."), caratterizzata da scogli selvaggi e da macchie sggiano, spesso in bilico tra le scogliere scoscese e le onde spumeggianti del mare, alle capre selvatiche e ai cinghiali in perenne movimento con attraversamento di strade e viottoli sterrati tra un livello del bosco e l'altro). Qui le spiagge di grande bellezza, anche e soprattutto per l'immodificabilità della loro conformazione ambientale pur nel trascorrere del tempo, si chiamano Ginepro, Buzzancone, Calanova, Malpasso, Ferrato e Stagnone ("Ad Est, su un mare di velluto, tra schiume iridescenti e tormentose, rupi ignude verticalmente spiombano crepate come crude melagrane su la mia fragile barca… Stagnone, senza porto, non ha che mare e vento contro pareti di sgomento…").

Omero Papi